Pieve di Marebbe (in ladino La Pli, in tedesco Enneberg-Pfarre) è un borgo incastonato nelle Dolomiti dell’Alto Adige, noto per il suo insieme di minuscole frazioni rurali chiamate “Viles”. Una vila è il tipico insediamento ladino: un gruppo di masi (fattorie) raccolti in un unico luogo, dove un tempo più famiglie contadine vivevano fianco a fianco condividendo strutture comuni come una piazzetta, una fontana, un forno per il pane e spesso una cappella. Queste comunità alpine, sorte secoli fa, incarnano la tradizione architettonica e sociale della valle di Marebbe. Visitarle oggi significa fare un salto indietro nel tempo, respirando l'autenticità della cultura ladina e il forte senso di comunità di un tempo, sullo sfondo di un paesaggio dolomitico spettacolare.
All’ingresso della valle, verso la Val Badia, si trovano Longega e Framacia, due viles nate lungo il torrente come centri di mulini, artigiani e locande. A Longega sorsero persino due cappelle; entrambi questi borghi conobbero alterne vicende nel corso dei secoli a causa di alluvioni e altre calamità naturali. Nella vicina Framacia, dedicata anch’essa all’artigianato, i mastri di sega e mugnai hanno lasciato tracce della loro presenza nei toponimi locali.
Salendo verso Pieve di Marebbe, il paesaggio è punteggiato di viles storiche. La stessa La Pli (Pieve) ebbe origine attorno alla chiesa parrocchiale con appena due masi, nucleo da cui si sviluppò in seguito il paese. Subito dopo ecco Brach, con quattro masi e un castello abitato dai nobili di Prack fino al 1682. Brach fu ricostruita in stile tradizionale dopo un incendio nel 1958. Più avanti si trova Pliscia, villaggio di sei masi noto per la chiesa e l’antica casa del sacrestano. Sopra Pliscia si adagia Ciaseles, grande vila di sette masi addossati: un incendio nel 1883 la distrusse e fu ricostruita mantenendo l’assetto compatto originario. Ancora più in alto, a oltre 1.500 m, Frontü domina la valle con i suoi tre masi secolari; il nome della vila vive nel cognome Frontull, tipico della zona.
Nei dintorni sorgono anche viles minori come La Munt, Corterëi e Peraforada. La Munt (“il monte”) è l’ultima vila verso la Val Pusteria dove si parla ancora ladino: vi sorgono solo due masi e una cappella isolata che segnano il confine linguistico con i vicini insediamenti germanofoni. Corterëi (Corterei), con soli due masi, fu la dimora di un giudice di Marebbe divenuto nobile, mentre Peraforada (Palfrad) – anch’essa composta da due masi – ospitava un’antica osteria lungo la vecchia via per la Badia, chiusa dopo l’apertura della strada moderna in fondovalle.
Non lontano da Pieve si trovano Biëi Defora e Biëi Daéte (“Biei di fuori” e “di dentro”), viles sorte ciascuna attorno a un unico maso poi suddiviso. A Biei Defora trascorse l’infanzia il pittore Nikolaus Pedevilla. Biei Daéte ha invece dato origine al cognome Willeit, ancora oggi diffuso in valle. Poco oltre sorge Alnëi, composta da tre masi; sebbene oggi vi siano anche alcune case recenti, questa vila conserva il suo carattere rurale.
Altre viles racchiudono notevoli testimonianze storiche. Plazores sorse attorno a un antico mulino ad acqua e oggi conta appena due masi. Ćianoré e La Costa, due piccoli abitati vicini, nacquero da masi isolati oltre 500 anni fa, e i loro nomi sopravvivono in alcuni antichi cognomi locali. Non lontano, il maso Col sot Brach (detto Sach) fu costruito attorno al 1560 come ricompensa per i servigi di un messo giudiziario ed era uno dei quattro grandi masi che riscuotevano i tributi per Castel Badia; conserva tuttora un forno e un granaio secolari. Curt (Corte) è invece una vila di cinque masi con una chiesetta, nota per le sue case seicentesche dai portali e affreschi originali – come la casa Maier, tra le più antiche della zona.
Sui pendii più alti si trovano insediamenti minuscoli ma ricchi di fascino. Matlogn nacque da un unico maso poi suddiviso in tre poderi (sovrastati dall’antica casa Majun), mentre più in alto sorgono i masi isolati di Col e Parü. Ancora oltre incontriamo Rara e Miscí, fra le viles più elevate (fino a 1.570 m): pochi masi circondati da pascoli e boschi, con una cappella che veglia su queste remote comunità. Infine, borghi come Soröa, Tlea e Pre contano appena due o tre masi ciascuno (ognuna con la sua cappella) e custodiscono un’atmosfera d’altri tempi rimasta intatta nei secoli.
Verso il Passo Furcia il panorama è punteggiato da viles di maggiori dimensioni, come Costamesana (sei masi) che ha beneficiato dell’apertura della strada del passo, Rü (Ruis) ricostruita dopo un incendio nel 1966, e Fordora, classico villaggio agricolo con sette masi sparsi sul versante.
Tra le più alte viles si annovera Frena, a 1.660 m di quota, con i suoi otto masi e perfino una storica falegnameria ancora in attività. Les Ćiases (quattro masi) colpisce invece per un fienile secolare conservato e per aver dato origine al cognome Elliscase, mentre Furćia, presso l’omonimo passo, è cresciuta con il turismo moderno pur mantenendo una cappella come le antiche viles.
Anche Costa e Ras testimoniano l’evoluzione del territorio: la prima, composta da cinque masi, è stata più volte colpita da incendi, mentre la seconda ha visto sorgere numerose case nuove grazie al boom turistico. Eppure entrambe conservano ancora edifici originali e intatto fascino alpino. Val dla Tor (“valle della torre”), infine, giace appartata e silenziosa: il nome ricorda l’antica soggezione al vescovo di Bressanone, e ancora oggi i suoi sei masi punteggiano uno degli angoli più incontaminati di Marebbe. Insieme, queste viles formano un mosaico di cultura, architettura e paesaggio unico nel suo genere – un vero viaggio nel tempo per chi visita questo angolo di Dolomiti.